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NUOVA GENERAZIONE DI INFRASTRUTTURE

“ In questa fase storica dobbiamo limitare al massimo il consumo agricolo , ma non possiamo certo bloccare lo sviluppo! Dobbiamo soltanto invertire la direzione. E siccome non c’è sviluppo senza infrastrutture , dobbiamo creare infrastrutture di nuova generazione”  

( Nuova generazione di infrastrutture, Antonino Saggio )

Perchè oggi ci si trova a dover ridurre drasticamente l’ultilizzo del suolo agricolo limitando il più possibile nuove costruzioni al di fuori dei terreni che già “possediamo” ?  Per rispondere alla domanda bisogna fare una riflessione su un passato non necessariamente troppo lontano.

Tra la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX secolo  l’ Europa così come gli USA furono segnati da una transizione storica rilevante definita come Rivoluzione industriale. Avvenne ,all’epoca, un passaggio dal sistema artigianale di produzione al sistema della fabbrica, basato sulle macchine, per la creazione di un prodotto “in serie”, un cambiamento, che ha dato il via ad uno sviluppo che è rilevante ancora oggi.

Lo sviluppo dell’industria portò ad un aumento demografico non indifferente , le città iniziarono a popolarsi e di conseguenza ad espandersi e crescere, processo indubbiamente già iniziato in età antica, ma non con tali conseguenze climatiche . Questa situazione innovativa sfociò in una massiccia distruzione ambientale , che non riguardava solo la questione dell’inquinamento causato dagli scarichi delle ciminiere che avvelenavano l’aria compromettendo la salute, ma anche di un vero e proprio disboscamento. Furono abbattuti innumerevoli alberi  così  da ottenere territori per coltivare prodotti agricoli su larga scala,  per poter realizzare nuove infrastrutture , o ancora per costruire nuove fabbriche dato l’aumento della domanda etc. Dunque sempre più territorio “ incontaminato” veniva sfruttato a danno dell’ecosistema.



Le città continuarono e ancora oggi continuano a crescere e mutare, lasciando indietro aree di territorio vuote o abbandonate, conseguenza di una deindustrializzazione o spopolamento. È importante dunque riflettere sull’architettura e lo sviluppo urbano oggi,  finchè ancora si è in tempo per fermare la cementificazione di altro suolo agricolo e per poter agire sull’esistente, invertendo la direzione dello sviluppo senza rinnegarlo.



Per chiarire meglio il punto può risultare interessante la citazione di William Morris , secondo il quale possiamo definire l’architettura come  “ L’insieme delle modifiche e delle alterazioni, cioè delle trasformazioni apportate dagli uomini all’ambiente fisico preesistente, naturale o artificiale , in vista delle necessità dell’esistenza umana nella storia” citazione che si riflette anche sull’urbanistica, che si vede strettamente legata alla questione architettonica.

La frase del famoso artista fa ben riflettere su quella che è una questione  attualissima, l’architettura risulta essere l’insieme delle trasformazioni apportate all’ambiente  naturale e non , mutazioni ,queste, che vanno però prese in considerazione così come sono arrivate a noi oggi, questo, proprio per poter continuare garantire l’esistenza umana nella storia.  Si dovrebbe pensare ad  una differente tipologia di sviluppo che non vada a danneggiare altro suolo vergine ma che vada ad intervenire sulle trasformazioni già avvenute che risultano però abbandonate o dismesse , edifici e aree in condizioni degradate. Tutto questo perché continuando a cementificare il nuovo tralasciando il vecchio o il non costruito , premessa di un degrado urbano,  si potrebbe arrivare ad una condizione futura che non potrà  assicurare un’ agiata permanenza sulla terra , essendo il verde e non solo, fonte della vita umana.

Questi ultimi paragrafi rispondono sinteticamente alla domanda iniziale, in riferimento alla citazione sopra riportata, affermando che il suolo costruito è molto, non è necessario costruire ancora avendo ad ogni modo suolo da poter sfruttare e riqualificare .


Benchè il problema sussita e sia accertato, ai giorni d’oggi , nonostante  le innumerevoli tecnologie e studi che sono stati fatti, il dibattito sembra più concentrarsi sulle potenzialità delle “smart cities” che non sempre partono dal recupero, bensì all’invenzione ex novo degli spazi senza tenere conto della questione ambientale , si continua a parlare di nuovo omettendo la condizione di degrado in cui si ritrovano molte zone, aree ed edifici di città italiane e nel mondo . In conclusione al fine di evitare un sempre maggiore degrado e una totale distruzione della flora e fauna sul pianeta terra, bisognerebbe iniziare a cambiare la percezione che si ha del nuovo e del moderno integrandola con ciò che è giunto a noi, tramite l’utilizzo delle nuove tecnologie e dell’ingegno umano si otterrebbe indubbiamente un successo in materia e una soluzione al problema che si porta ormai avanti da tempo.

COMMENTO PERSONALE:

Personalmente ritengo che le nuove tecnologie ci consentono di pensare a nuovi progetti limitati all’esistente, l’architetto nel suo percorso di crescita deve poter sviluppare le competenze necessarie affinchè possa portare del nuovo in un contesto che già vive, cercare quindi di integrare la preesistenza con l’architettura del futuro, guardando alla salvaguardia ambientale, realizzando zero energy buildings, quindi pensare e studiare nuove soluzioni per poter ottenere un “inversione della direzione” e quindi poter creare un futuro sostenibile cosi da garantire “l’esistenza dell’uomo nella storia” per ancora lungo tempo.



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  LA STORIA: La mia famiglia è originaria della Polonia, che ,al tempo, era un paese di matrice collinare non urbanizzato, dove la natura predominava sul costruito. I miei genitori sono nati e cresciuti li finchè mio padre non decise  (portando con se successivamente mia madre) di trasferirsi in Italia per questioni economiche, essendo l’est Europa prevalentemente povero e con poche opportunità per adulti e bambini. Così a diciotto anni venne a Roma, città dove nacqui io. Crebbi così in due mondi paralleli (poiché due volte l’anno andavamo in Polonia per diversi mesi). Vedevo e vivevo queste due realtà contrastanti;  Roma era la mia città natale a cui sono sempre stata molto legata , tuttavia mi sentivo molto limitata nelle mie scelte  e nella mia autonomia fin da piccolina. Qui tutti i bambini venivano accompagnati e ripresi da scuola , io stessa avevo una babysitter che stava con me nell’arco di tempo in cui i miei genitori lavoravano . Per andare a giocare nella natura con gli altri