"L’architettura deve essere piacevole, deve dare il piacere di trovarsi in uno spazio incantevole. Una bella camera non importa se è grande o piccola. Quel che la gente fatica a capire del lusso è che il lusso non ha nulla a che vedere con il prezzo. Questo deve fare l’architettura: dare l’idea del lusso su una scala più ampia."
Nata a Baghdad nel 1950 e formata a Londra, Zaha Hadid si distingue come una figura chiave nella ricerca e nello sviluppo dell'architettura contemporanea. La sua influenza si espande attraverso nuove interpretazioni e connessioni con l'ambiente circostante. La sua vita si è svolta in un contesto complesso, navigando tra i maestri del Post-Modernismo e l'era dei grandi progressi tecnologici nella digitalizzazione, testimoniando un periodo di notevole cambiamento e dinamicità.
Donna irakena , mussulmana , è un antesignana dell'emancipazione femminile nel mondo arabo . Prima donna a vincere il premio Pritzker nel 2004. Zaha Hadid è una delle figure più note dell'architettura contemporanea, apprezzata, ammirata per il suo stile versatile e suggestivo, di grande fascino e impatto.
Tutta la sua concezione architettonica si fonda sull'idea di frammentazione, di penetrazione nell'edificio stesso, liberandosi dai vincoli della gravità e sperimentando al di fuori delle convenzioni esistenti. La sua formazione culturale è ampiamente legata alla corrente decostruttivista, che propone una spazialità continua. In questa visione, tutti gli elementi tradizionali si fondono in una singola superficie fluida, creando una sorta di pelle architettonica caratterizzata da continue distorsioni, fratture e un linguaggio organico. I suoi progetti, emancipati dalle coordinate cartesiane, si trasformano in paesaggi fluttuanti.
UN BREVE ESCURSUS:
Negli anni '80 si verifica una profonda trasformazione. Il crollo del muro di Berlino segna la fine della Guerra Fredda e promuove l'egemonia incontrastata del capitalismo globale. Le residue speranze, ingenuamente riposte nel futuro nel dopoguerra, cedono il passo alla consapevolezza dei limiti del mondo: risorse, economia, crescita, città. Nessuno di questi elementi può espandersi all'infinito, richiedendo una comprensione più attenta su come affrontare le nuove restrizioni.
In questo contesto, l'architettura si orienta verso nuove ricerche e interpretazioni. Il contesto, precedentemente offuscato dall'International Style, riacquista forza e centralità. Nel 1978, a Roma, una città impregnata di stratificazioni storiche, si tiene la mostra "Roma interrotta". In questo evento, numerose figure dell'architettura sono chiamate a reinterpretare la storica pianta del Nolli del 1748 secondo le proprie visioni e prospettive.
Tra le molteplici interpretazioni, emerge con chiarezza la capacità dell'architettura di plasmare spazi urbani in cui gli edifici "conspirano tra loro", creando un panorama scenografico. Paolo Portoghesi, uno degli architetti che hanno partecipato all'esposizione, merita un'attenzione particolare per la sua proposta unica e intrigante. Attraverso incisioni realizzate su sughero, offre ai visitatori una visione suggestiva, reinterpretando la forma della città attraverso la lente del paesaggio tufaceo del Nord del Lazio.
In un contesto che oscilla tra il Futurismo e un ritorno al Barocco, Portoghesi adotta un approccio distintivo: quello del profondo legame con la natura e della sua connessione inseparabile con lo spazio urbano.
Accanto alle opere menzionate da "Roma interrotta", negli anni ottanta emergono chiavi di lettura del contesto ancora più complesse a Hautes-Formes.
1-La prima approfondisce soprattutto il concetto di "palinsesto", derivato dalla riflessione di Peter Eisenman. Si basa su stratificazioni geografiche e su una rilettura critica e estremamente dinamica delle situazioni urbane.
2-La seconda si concentra anch'essa sul contesto, ma focalizza la sua attenzione sulle aree residue, abbandonate e caotiche delle periferie urbanizzate. Questo approccio è associato a Frank Gehry.
3-La terza chiave di lettura è formalizzata da Zaha Hadid, che interpreta il concetto di contesto come una "tessitura". Questa prospettiva unisce contesto e paesaggio, introducendo un nuovo modo di concepire il progetto architettonico.
Questi tre approcci nascono come posizioni di minoranza negli anni ottanta, senza tuttavia generare realizzazioni di grande rilievo. Tuttavia, si configurano come esercitazioni sperimentali che rivelano due fatti di fondamentale importanza: in primo luogo, l'architettura non può più ignorare il rapporto con il luogo e il contesto; in secondo luogo, da queste ricerche di nicchia emergerà la spinta trainante per una straordinaria fioritura della ricerca architettonica nell'ultimo decennio del secolo.
Nel panorama dell'architettura americana, Peter Eisenman, al di là dell'oceano, affronta il declino dei concetti di "autonomia estetica", "contesto" e "città". Impegnato in una profonda ricerca personale per superare il rifiuto delle tendenze contemporanee, sviluppa il concetto di "Layer": trame celate dal tempo, indipendenti tra loro e plasmate da logiche differenti, che, una volta sovrapposte, delineano il progetto nella sua completezza. La prima applicazione di questo concetto avviene nella progettazione del complesso di Cannaregio a Venezia nel 1978, un catalizzatore temporale in cui convergono tutte le trame generate nel tempo dalla città.
Continuando la sua instancabile ricerca, Eisenman, parallelamente al concetto di "Layer", introduce il principio dell'"in between", concretizzato nel progetto del Wexner Center per la Ohio State University. L'edificio diventa un elemento densificante che si insinua tra le vestigia delle costruzioni preesistenti, riducendo il consumo di suolo vergine.
Il concetto di "residuale" assume un'importanza particolare nel contesto statunitense, influenzato anche dal contributo di Frank O. Gehry. Leggendolo su un piano più teorico che spaziale, Gehry delinea un punto di convergenza tra architettura e Pop Culture. Posiziona il paesaggio metropolitano al centro della sua pratica, dove l'intenzione di razionalizzare e rendere efficiente il mondo cede il passo all'assemblaggio informale di elementi propri del contesto, plasmando così l'oggetto architettonico.
In questo panorama di ricerca e contesto, spicca la figura dell'architetto Zaha Hadid, una personalità affascinante che sembra sintetizzare tutte le indagini e le dicotomie esaminate precedentemente. La sua radice artistica, ispirata ai dipinti di Paul Klee, le permette di creare relazioni astratte che, attraverso diversi passaggi formali, plasmano l'architettura. Nei suoi progetti, si nota chiaramente come i "Layer" del contesto plasmino l'oggetto e, al contempo, come quest'ultimo sembri assemblare il contesto in un nuovo concetto di naturalità.
La sua attenzione verso le opere infrastrutturali, come ponti, strade e ferrovie, la porta a concepire l'edificio come un'infrastruttura di connessione, non solo con il costruito ma anche con l'ambiente naturale. Le opere di Hadid rifiutano la staticità, muovendosi, fluidificandosi e fondendosi con l'ambiente circostante. Un esempio eloquente di ciò è rappresentato dalla Vitra Fire Station.
Zaha Hadid rappresenta appieno la società contemporanea con il suo ritmo frenetico e la profonda interconnessione. I suoi edifici, che si plasmano con elegante dinamismo, fungono da punti di connessione tra l'artificiale e il naturale. Potrebbero essere interpretati come simboli di una società globalizzata, tecnologica e sinergica.
NEL DETTAGLIO...
La sua formazione culturale appartiene in gran parte alla corrente decostruttivista che propone una spazialità continua, in cui l’uso di tutti gli elementi tradizionali si dissolvono in unica superficie fluida, in una pelle architettonica che si presenta con continue distorsioni, fratture e si sfrangia in un linguaggio di tipo organico.
I suoi progetti, liberi dalle coordinate cartesiane, diventano paesaggi fluttuanti.
“Sono sempre stata interessata al concetto di frammentazione e all’idea di astrazione ed esplosione, de-costruendo le idee della ripetitività e della produzione di massa” Zaha Hadid, 2007
Tutta la sua architettura è basata sull’idea di frammentazione, di penetrazione dell’edificio stesso, liberandosi dai concetti di gravità e sperimentando al di fuori dalle regole esistenti.
I concetti architettonici di Hadid, nati da una logica e da un metodo rigorosi e tuttavia liberati dalle restrizioni euclidee, hanno acquisito fattibilità grazie a un’altra rivoluzione industriale fondata sulla progettazione digitale e sulle macchine CNC (computer numerical control) cioè macchine a controllo numerico che hanno il vantaggio di ridurre i tempi e i costi di produzione oltre che una ripetibilità della lavorazione.
La sua architettura viene definita architettura parametrica: il parametricismo è una nuova corrente dell’architettura moderna che si propone di gestire delle geometrie complesse attraverso l’impiego di pochi elementi che sono tradotti in termini matematici.
Per Zaha Hadid la pittura ha un ruolo estremamente importante nella sua formazione, viene affascinata dalle avanguardie artistiche come Malevich, Mondrian e Rietveld, da tutto il movimento della Bauhaus e dal tardo costruttivismo russo.
Zaha Hadid ha sempre amato dipingere e disegnare, il disegno è alla base della sua progettazione, i suoi dipinti presentano una disarticolazione delle forme concepite come una frammentazione di segni, con geometrie sovrapposte ed una spazialità sottolineata dall’uso del colore.
L'ARCHITETTURA PARAMETRICA:
Progettazione parametrica, modellazione algoritmica e design generativo sono le parole chiave di un nuovo paradigma in grado di rispondere alla crescente complessità dei problemi progettuali attraverso un approccio alternativo, che colloca in una prospettiva diversa i ruoli consolidati di processo e risultato e vede nel computer il naturale alleato, ma non la ragion d’essere.
LA SCACCHIERA:
Commenti
Posta un commento